La versatilità nella posa del marmo
Scopriamo insieme la versatilità nella posa del marmo, argomento molto ampio sia tecnicamente che artisticamente
Il marmo e la sua grande versatilità
Si fa presto a dire posa dei marmi! È invece un argomento molto ampio, sia che lo si tratti da un punto di vista tecnico, sia che lo si veda sotto un’ottica creativa. La posa del marmo è infatti una realtà molto versatile ed eclettica, capace di stupire anche l’occhio più critico.
Molte sono le modalità in cui il marmo può essere posato e molti sono gli esempi che possiamo ammirare in tutto il mondo, nelle più svariate discipline, dall’architettura al design. Vediamo quindi due nostre creatività per poi spostarci a Milano, al Palazzo d’Arte, sede della Triennale.
Marmo effetto legno: Stone Parquet e Stone Tatami
La posa dei nostri prodotti, così come ogni aspetto che ne coinvolge la vita, è per noi di primaria importanza. Ci approcciamo a questa fase delicata con cura, attenzione ed un occhio innovativo, e ne sono un esempio i nostri Stone Parquet e Stone Tatami. Due creazioni che hanno la soluzione già nel nome e che disegnano creatività.
Entrambe realizzate in collaborazione con Piero Lissoni, in Stone Parquet si riesce, col marmo, a ricreare l’effetto della classica posa dei parquet in legno, mentre in Stone Tatami quello che si va a ricreare è l’effetto delle pareti e rivestimenti tipici degli antichi palazzi imperiali nipponici (chiara manifestazione d’amore del duo Salvatori-Lissoni per la cultura orientale, come Lost Stones).
Stone Parquet esiste in entrambe le versioni canoniche del parquet, vale a dire quella a doghe di diversa lunghezza e larghezza per la posa a correre, sia quella a listelli per la posa a lisca di pesce. Inoltre, è disponibile in quattro opzioni: Bianco Carrara, Crema d’Orcia, Imperiale e Pietra d’Avola. Stone Tatami invece è disponibile in Bianco Carrara, Crema d’Orcia, Pietra d’Avola e Silk Georgette®, e può essere posata sia con bordo levigato a contrasto sia, con la sola finitura testurizzata. E se notate rotture e imperfezioni delle creste della finitura, non preoccupatevi: non sono affatto dei difetti produttivi, ma una nostra precisa volontà, a donare ulteriore carattere al lavoro. Perché, come noto, le cose perfette e asettiche non catturano il nostro cuore, che cerca invece l’unicità.
Le innovazioni creative di un tradizionalista: il marmo di Giovanni Muzio a Palazzo d’Arte
Se Parquet e Tatami sono, come abbiamo appena visto, frutto dell’estro del duo Salvatori-Lissoni, il Palazzo d’Arte, conosciuto ai più come sede della Triennale di Milano, è nato grazie a uno dei nomi più importanti dell’architettura italiana d’inizio ‘900, Giovanni Muzio. Siamo nel 1931 quando la Fondazione Bernocchi commissionò a Muzio, che qualche anno prima era stato tra i fondatori del movimento artistico Novecento, l’ambizioso progetto di un edificio che sarebbe ufficialmente sorto all’interno del parco Sempione nel 1933 e che era stato richiesto proprio per essere la nuova sede della Triennale.
Tra i fondatori del movimento artistico Novecento, una linea di pensiero artistico piuttosto tradizionale, in contrapposizione alle avanguardie di quegli anni, Muzio ha comunque sperimentato non poco con il Palazzo dell’Arte, utilizzando e posando il marmo in relazione ai più disparati elementi: al vestibolo del pian terreno, al primo piano alternato al linoleum, e in terrazza, la protagonista, stavolta nella variante in cipollino verde.
Anche per l’esterno la scelta di Muzio ricade sull’uso del marmo e della sua plasmabilità e capacità di accostarsi a innumerevoli materiali. Contrapponendo la pietra con la parete retrostante, fatta di mattoni di klinker e granito rosso di Baveno, Muzio ha creato qualcosa che ancora continua a incantare a distanza di quasi un secolo.